venerdì 11 novembre 2016

Elezioni USA: CONTRO LA GLOBALIZZAZIONE!

Tantissime sono in queste ore le analisi relative ai risultati delle elezioni americane. Innegabile a nostro avviso il fatto che i cittadini americani arrabbiati abbiano scaricato in maniera netta il progressismo politicamente corretto dei ricchi mondialisti, di cui la Clinton era l’espressione massima, che con l’imposizione della globalizzazione (specie sotto i mandati di Bill Clinton, vero e proprio campione del capitalismo apolide e cosmopolita) sta affondando interi settori sociali, lanciando un segnale piuttosto chiaro all’establishment: così non si va avanti! Certo, perché il conto, salatissimo, della globalizzazione IMPOSTA agli americani e agli europei non lo hanno pagato i ricchi, i politicanti venduti, gli imprenditori, gli industriali, i finanzieri e le oligarchie privilegiate, ma lo stanno pagando i lavoratori, la working class, le classi meno abbienti, la classe media devastata, i non privilegiati, che vedono le fabbriche chiudere, i posti di lavoro sparire, i lavori che rimangono diventare ‘mac-jobs’, ossia lavori saltuari, precari e senza garanzie, gli immigrati fatti arrivare a fiumi per far abbassare ancora di più i salari e impoverire ulteriormente le classi disagiate locali, che restano al fondo senza che nessuno si curi di loro.

Perché questo è il messaggio VERO che esce dal voto americano: la globalizzazione dei privilegiati, della Global Class (come la definiva correttamente Costanzo Preve), è una pistola puntata alla testa dei popoli, che vengono ignorati dalla politica prona unicamente agli interessi della finanza e di imprese e multinazionali. E che è arrivato il tempo di mettere fine a questo CRIMINE, altrimenti oggi si protesta col voto, domani chissà.
Come ha fatto giustamente osservare Alain De Benoist ieri, in un articolo sul Quotidiano Nazionale, questa “E’ la rivincita sulla globalizzazione” delle classi medie impoverite investite assieme alla classe operaia dal vento della mondializzazione, che hanno votato contro Washington, contro le catene del politicamente corretto, contro il neoliberismo schiavista, contro il capitalismo affamatore, contro George Soros, contro la Goldman Sachs, contro i politici di carriera che confiscano la democrazia. E come giustamente fa notare De Benoist non esiste più la divisione destra/sinistra, ma ormai l’elettorato è diviso tra coloro che si approfittano della mondializzazione e chi ne subisce i danni, ossia le periferie e le classi popolari. Questa è il nuovo fronte dello scontro politico!


Vedremo come andrà a finire, anche se non siamo ottimisti in merito. Se da un lato non possiamo che gioire della legnata presa dai progressisti spocchiosi e saputelli, dall’altra siamo un pochino scettici su quanto Trump intenda fare realmente. Già nel 2008, in piena tempesta finanziaria e crisi economica Obama aveva promesso grandi cambiamenti (“Change. Yes We can!”)  e poi si è visto come è andata, con un quasi nulla di fatto. E già il fatto che il nuovo presidente voglia partire con il taglio delle tasse per i super-ricchi e i ceti alti di Hollywood e di Wall Street, gente come De Niro, Madonna, Lady Gaga, Beyoncè tanto per nominarne alcuni, insomma con l’establishment e le classi dirigenti colpevoli dello sfascio imperante, ci fa un pochino riflettere.


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